Questa storia ha origine a San Benigno.
Nel 1883, quando San Giovanni Bosco, il fondatore della congregazione dei salesiani, ebbe un sogno.
Dom Bosco, che aveva compiuto diversi viaggi missionari in Brasile, mentre si trovava a San Benigno Canavese, sognò che nel cuore dello stato sudamericano sarebbe sorta una città avveniristica, indicando persino il luogo dove poi sarebbe sorta poi Brasilia, la futura Capitale del Brasile.
“[…] Tra il grado 15 e il 20 vi era un seno assai largo e assai lungo (un altopiano) che partiva da un punto ove si formava un lago. Allora una voce disse ripetutamente: Quando si verrà a scavare le miniere nascoste in mezzo a questi monti, apparirà qui la terra promessa fluente latte e miele. Sarà una ricchezza inconcepibile […]”
Il sogno era così preciso che ancora oggi esiste una Ermida Dom Bosco, un punto panoramico che corrisponderebbe al punto di vista che aveva il prelato durante il sogno.
Alcuni anni dopo, la costituzione brasiliana del 1891 stabilì che la capitale avrebbe dovuto essere realizzata in un luogo neutrale non riferibile a nessuno degli stati federati che compongono il Brasile. Un po’ come è avvenuto per Washington. Per non favorire nessuno degli stati che compongono una confederazione si decide, giustamente, di collocare la capitale un luogo neutrale, possibilmente fondando proprio una nuova città.
Solo nel 1922 venne definita l’area dove sarebbe sorta la capitale, ma perché qualcuno pensasse di dare avvio concreto alla realizzazione della nuova città bisognerà attendere il 1956. Il piano regolatore della città fu affidato a Lucio Costa che immaginò per la città la forma di un aquila, o di un aeroplano a seconda dei gusti.
Il principale artefice della realizzazione della città fu però Oscar Niemeyer, che progettò le opere più importanti, dalla cattedrale, al Palazzo del Congresso, alla residenza presidenziale e a innumerevoli altre opere residenziali e ministeri.
Brasilia fu inaugurata il 21 aprile 1960. Per la cabala, la data è la stessa del natale di Roma.
Niemeyer quindi non è un architetto qualsiasi, il suo nome è legato ad una delle esperienze di progettazione architettonica più importanti di tutto il novecento.
Nel 1987 Brasilia è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco.
Niemeyer invece nel 1988 ha ricevuto il Premio Pritzker, che è praticamente l’equivalente degli oscar per gli architetti (Renzo Piano lo ha ricevuto nel 1998).
Oggi sarebbe stato il compleanno di Oscar Niemeyer, che è nato il 15 dicembre 1907 e ha vissuto fino all’età di quasi 105 anni.
In Italia ha realizzato quattro opere. La più famosa è certamente la sede della Mondadori a Milano, la più discussa è l’Auditorium di Ravello.
La terza si trova a Pianezza, qui vicino, ed è la sede della FATA.
La quarta, quasi sconosciuta, si trova qui da noi, per la precisione a San Mauro, ed è la sede delle Cartiere Burgo.
La si vede dalla superstrada che va da Settimo a Chivasso, più o meno all’altezza dell’autovelox.
L’edificio è del 1981 ma ancora oggi si distingue per uno stile estremamente moderno, vagamente futuristico. Una specie di ruota dentata che richiama immediatamente l’idea di un disco volante appena atterrato tra noi.
Quando ho pensato di aprire questo blog il mio obbiettivo era quello di ricercare progetti interessanti di architettura moderna e contemporanea.
Mentre cercavo di capire di cosa avrei potuto trattare mi ero fatto un elenco mentale di argomenti e opere che avrebbero a diverso titolo potuto entrare a fare parte degli elementi del puzzle che mi accingevo a ricomporre.
Mai avrei immaginato di poter inserire un’opera di Niemeyer.
Ora immaginate di avere nel vostro territorio un’opera di Bernini o di Borromini, quelli però lavoravano a Roma. Qui in zona abbiamo certamente Juvarra e Guarini, che però stanno a Torino, lo stesso si può dire per Antonelli.
Le architetture purtroppo non si spostano, restano li dove sono nate. E quando sono capolavori fanno la fortuna delle città che le ospitano. Per i dipinti e le sculture puoi sempre sperare che una rivoluzione te li faccia capitare in casa, ma anche le rivoluzioni sono rare al giorno d’oggi.
Per le architetture ci vogliono persone che lavorino con fatica e determinazione per realizzarle. Ci vuole la politica che insista nel volerle fare. Oppure avere la fortuna di ritrovarsele in casa.
Se le opere di questi maestri fossero nel nostro territorio, le amministrazioni, sono certo, farebbero carte false per promuoverle, utilizzarle, valorizzarle, dichiarare al mondo la presenza di questi gioielli.
A volte però la fortuna bisogna anche saperla cogliere.
Le Cartiere sono oggi in disuso, non si sa che cosa ne voglia fare la proprietà, ma oggi l’edificio è vuoto. Ben tenuto, ma vuoto.
Non risultano agli atti progetti di riutilizzo.
Un concorso indetto nel 2017 dal Ministero per i Beni Culturali (MIBACT) aveva premiato un intervento di sistemazione dell’area, progettato dalle architette paesaggiste Annalisa Romani Monica Sapino. Un progetto molto interessante che si innestava proprio intorno alla cartiera e prevedeva la sistemazione dell’area a parco agricolo con un intervento di largo respiro in connessione on il sistema della Corona Verde.
Da allora tutto tace. I comuni di San Mauro e Torino che avevano firmato un protocollo di intesa per la realizzazione del parco, tacciono.
Per realizzare una città come Brasilia c’è voluto un politico che ad un certo punto ha deciso di portare avanti un progetto; quel progetto ha consentito di creare opere che rimarranno nella storia dell’arte, patrimonio di tutto il mondo.
Oggi il progetto c’è, c’è persino un frammento di quel patrimonio, una scheggia impazzita capitata quasi per caso qui da noi dal lontano Brasile.
Siamo partiti con un sogno.
Finiamo con un sogno.
Che la politica si faccia finalmente carico del territorio per realizzare il mondo di domani.
Che i concorsi trovino la loro naturale realizzazione.
Che le opere dei maestri anche se contemporanei siano prese nella dovuta considerazione.