Corruzione per le mascherine, arrestati due carabinieri. Un prosciutto, uno smartwatch, una cena, tessera sconto. In un caso, pure la promessa di passare qualche ora con una prostituta senza spendere un euro.
Era questo il prezzo che, a Torino, si pagava per ingraziarsi i favori di un gruppetto di carabinieri e di funzionari pubblici.
Un’inchiesta nata nel 2020 quando la guardia di finanza scoprì delle irregolarità nella fornitura di mascherine Ffp2 da destinare, nella prima fase dell’emergenza Covid, ai militari dell’Arma in Piemonte: ne servivano 40 mila, ma venne stipulato un ordine fittizio di 87 mila.
Il motivo?
Il venditore, Wang Qiang, un commerciante cinese che possiede una catena di negozi di abbigliamento e prodotti per la casa molto conosciuta nel capoluogo subalpino, voleva trattenerne una parte per sé scongiurando il rischio di una requisizione alla dogana.
Gli accertamenti si sono poi estesi ad altri episodi, sui quali hanno indagato i carabinieri, e oggi sono sfociati in nove provvedimenti firmati dal Gip Elena Rocci.
Il tenente colonnello dei carabinieri Gabriella Manca, all’epoca dei fatti capo del servizio amministrativo del Comando Legione, è stata interdetta dal servizio per un anno.
In carcere sono stati portati Maurizio Trentadue, comandante del nucleo Ispettorato del lavoro dei carabinieri a Torino, lo stesso Wang Qiang, un maresciallo dell’Arma e un funzionario del Comune di Moncalieri.
Misure interdittive sono scattate per un quarto carabiniere, un secondo commerciante cinese e due funzionari di altri Comuni del circondario.
Fra gli indagati a piede libero figurano due vigili urbani di Moncalieri, mentre fra i reati contestati, riassunti in 30 capi d’accusa, figurano la corruzione, il falso, la rivelazione di segreti di ufficio. La questione delle mascherine è solo una parte dell’indagine.
Quella portata alla luce dai carabinieri del nucleo investigativo di Torino è, secondo gli inquirenti, la rete di contatti e di amicizie tessuta da Wang. Una volta, sempre nella ricostruzione dell’accusa, il commerciante chiese a un funzionario comunale di “ostacolare in qualunque modo” l’apertura di un negozio della concorrenza nel Comune di Nichelino.
Fu accontentato: scattò un’ispezione con annesso rilevamento di un abuso edilizio e lo stop all’agibilità dei locali. In cambio gli bastò una “mancia” di 500 euro in buoni benzina. Ma anche altri imprenditori e professionisti, a volte, potevano entrare nella partita. Il titolare di un’autolavaggio, per esempio, riuscì a sapere in anticipo l’esito di una ispezione e a dribblare un provvedimento di sospensione dell’attività.