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Campane a martello

Da una settimana, 5 mila dipendenti del Comune di Torino, circa il 60 per cento del totale, non lavorano pi

Marta Rabacchi di Marta Rabacchi
23 Marzo 2020
in Blogger
2 min di lettura
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GERMAGNANO. Il Coronavirus non ferma i ladri

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Da una settimana, 5 mila dipendenti del Comune di Torino, circa il 60 per cento del totale, non lavorano più in ufficio. L’amministrazione, con uno sforzo organizzativo senza precedenti imposto dall’emergenza sanitaria, ha dato corso al lavoro col personal computer dall’abitazione. Quelli che non lo possono fare sono stati incentivati a mettersi in ferie. Sono state ridotte tutte le attività di sportello al pubblico, invitando i cittadini a servirsi delle procedure telematiche. Rimangono a lavorare a ranghi ridotti coloro che assicurano i servizi essenziali. Sabato scorso, col decreto del presidente della Regione Piemonte e l’ulteriore provvedimento del governo, si generalizza, ove possibile, l’utilizzo del «lavoro da remoto».

Si assiste perciò a una vera e propria inversione degli obblighi degli impiegati pubblici, per i quali il «lavoro agile» diventa – sino alla fine dell’emergenza sanitaria – la «modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa». Che non sia un provvedimento «liberi tutti» è dimostrato dall’enorme sforzo per adeguare procedure e strumenti alle nuove necessità, uno sforzo titanico data l’elefantiasi del Comune di Torino, con un personale avanti negli anni, che viene chiamato a rispondere, nell’immediato e con mezzi propri, a procedure totalmente informatizzate.

Si assiste ad un’accelerazione nella modalità di lavoro, fino ad ora marginale per la gran parte dei comuni, gli enti più prossimi al cittadino, il cui esito per ora inedito, rappresenterà uno spartiacque tra il prima e il dopo. La cosiddetta «dematerializzazione» delle ricette mediche, a cui il pericolo sanitario ha impresso una spinta, rappresenta bene quanto sta accadendo.

L’emergenza che stiamo vivendo, oltre alla progressiva limitazione della libertà personale e al controllo dall’alto della società, ci consentirà di verificare la capacità con cui sindaci e presidenti di Regione, da venticinque anni eletti direttamente dai cittadini e, in alcuni casi, individuati più sulla base di un evanescente entusiasmo che tramite una selezione premiante la competenza, sapranno esercitare la loro funzione di autorità sanitaria e di pubblica sicurezza. Verificheremo se i sindaci, che in queste materie operano con la forza dello Stato, riusciranno a dare prova di equilibrio tra la tenuta del sistema e la necessità di protezione della popolazione, mantenimento della libertà personale e d’impresa, spirito d’iniziativa e di collaborazione con gli altri enti, profonda conoscenza della propria comunità. Camera dei deputati e Senato della Repubblica si apprestano a ratificare i decreti governativi sull’emergenza. Vedremo in che modo le forze politiche sapranno far fronte comune.

In questa situazione, i consigli comunali e regionali contribuiscono grandemente alla tenuta della nostra società e, forse, sperimenteremo una forma inedita di riunione: i decreti in vigore consentono (sia chiaro, non obbligano) le assemblee in videoconferenza.

Un modo per dire ai cittadini: ci siamo.

Tags: coronaviruscovidtorino

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