TORINO. Urge accelerare l’iter autorizzativo per la costruzione dei piccoli invasi. La Coldiretti del Piemonte oggi ha dedicato un incontro al tema della siccità e degli altri gravi problemi che soffocano l’agricoltura.
Alla presenza del governatore Alberto Cirio, rilancia la necessità di costruire le infrastrutture per accumulare riserve idriche: “Con l’iter attuale ci vogliono anni prima di potere fare partire i lavori – ha detto Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti regionale – e così restano fermi i progetti di opere che sarebbero subito cantierabili, per 3 miliardi di euro in tutta l’Italia, 300 milioni nel solo Piemonte. Nel rispetto di tutte le norme, si può e si deve velocizzare i passaggi”.
Il mix di siccità, rincari dei costi per la produzione e dell’energia, dei danni da animali selvatici e insetti, pandemia e speculazioni lungo le filiere stanno assestando un grave colpo al settore: secondo la Coldiretti è a rischio la chiusura di una impresa agricola su tre.
La crisi idrica ha già causato danni per oltre 1 miliardo e mezzo di euro, falcidiando i raccolti: fino a -50% la produzione attesa di mais, -30% grano, perdite dal 30 al 100% per il riso, in particolare nella zona di Novara dove la mancanza d’acqua è pressoché totale, e dei foraggi per il bestiame.
Calo del 20-30% nella produzione di latte, con una flessione accentuata rispetto alle altre estati. Contro la crisi idrica, “è prioritario ristorare i danni, ottenere lo stato di calamità per il Piemonte che consentirebbe almeno lo sgravio alle imprese dei contributi nell’immediato ed accelerare sulla realizzazione di un piano per i bacini di accumulo dell’acqua, poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro le riserve idriche necessarie, senza dover agire sempre e solo in emergenza”, hanno sottolineato Moncalvo e il delegato confederale Bruno Rivarossa.
Per quanto riguarda i danni della fauna selvatica e l’emergenza Peste suina, “è ora di agire senza ulteriori indugi, cavilli burocratici e strumentalizzazioni, incrementando gli abbattimenti che sono appena di circa 2 mila capi quando l’obiettivo è di 50 mila poiché, oltretutto, a causa dei cinghiali, sono già stati persi circa 80 mila ettari che, se fossero tutti coltivati a frumento tenero, corrisponderebbero a 600 milioni di kg di pane non prodotto”.