“Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti”. Una frase “rubata” al vocabolario di Arrigo Sacchi potrebbe essere sufficiente per mettere a tacere la querelle tra società, LND e chi più ne ha più ne metta. E’ vero che il mondo va avanti e che non bisogna fossilizzarsi sul presente e pensare al futuro, ma davvero in questo momento così delicato e tragico a qualcuno balena in mente di riorganizzare e concludere i campionati di calcio? Una situazione surreale quasi più stucchevole degli squallidi flash mob (spacciati per solidarietà collettiva) di gente che si affaccia alla finestra e inizia a cantare e suonare come se stesse festeggiando il titolo mondiale del 2006. E chi se ne frega se il mio vicino di casa è li che sta combattendo contro il “nemico”, devo uscire a strombazzare e ragliare (senza offesa per l’asino) perché lo fanno tutti. Ed è la stessa mancanza di tatto che ha assalito che gestisce il mondo pallonaro dei dilettanti. “Bisogna finire i campionati perché se no non sappiamo come stilare le classifiche e come preparare la prossima stagione”. E un bel chi se ne frega non ce lo mettiamo? “Bisogna tornare a giocare perché se no le società avranno grossi problemi economici in futuro e lo Stato e le Regioni ci devono aiutare”. Ovviamente ecco che ricompare all’orizzonte il fatidico “Dio Denaro”. Calcio dilettantistico e soldi sono due mondi che in teoria non si dovrebbero incontrare facilmente. D’altronde lo dice la parola stessa: DILETTANTISMO. Ah no è vero. Ci sono presidenti che si sentono i nuovi Agnelli, Berlusconi o Moratti che spendono cifre anche a cinque zeri di “rimborsi spese” per vincere un campionato di Promozione, perché fa figo. Poi magari dopo due anni ci si ritrova con le pezze al sedere e la società chiude i battenti. Così come la FIGC che succhia il sangue alle società obbligandole anche a sganciare euro per pagare un arbitro per una semplice amichevole estiva durante il periodo di preparazione. I soldi dello Stato e delle Regioni servono a salvare posti di lavoro, a dare una mano alle famiglie in difficoltà e a chi dopo l’inferno del coronavirus si ritroverà in braghe di tela. E soprattutto servono alla nostra Sanità che sta affrontando l’emergenza stringendo i denti tra una difficoltà dietro l’altra. E solo quando le cose inizieranno a tornare alla normalità si potrà pensare al calcio e al ritorno in campo. Alla cosa più importante, di quelle meno importanti.