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Fare finta

Ci sono tanti modi di parlare di lavoro: come fa il giuslavorista Pietro Ichino che ci ha edotti sull’efficienza del lavoro agile nel pubblico impiego

Marta Rabacchi di Marta Rabacchi
5 Luglio 2020
in Attualità, Blogger
2 min di lettura
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Fare finta

PIETRO ICHINO PROFESSORE DIRITTO DEL LAVORO UNIVERSITA' DEGLI STUDI MILANO

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Ci sono tanti modi di parlare di lavoro: come fa il giuslavorista Pietro Ichino che ci ha edotti sull’efficienza del lavoro agile nel pubblico impiego, una comoda scorciatoia (ne aveva bisogno?) per ottenere un titolo in più sui media oppure, come altri non meno blasonati di lui, nella collettanea pubblicata di recente da Donzelli, per fare il punto sul lavoro a cinquant’anni dall’approvazione dello Statuto. Parlare di lavoro e di lavoratori del pubblico impiego è necessario, data la rilevanza di questo comparto per l’efficienza generale del sistema Paese.

Per questo, la domanda retorica del professor Ichino su come sia stato possibile per «vigili urbani, custodi dei musei, operatori ecologici, uscieri, lavorare da remoto» merita una risposta e tradisce un’intenzione.

La risposta è presto combinata: non risulta che i vigili urbani o gli operatori ecologici possano lavorare da remoto. Magari qualcuno (una minoranza) che è normalmente impegnato in pratiche d’ufficio ha potuto svolgere la propria mansione anche senza recarsi sul posto di lavoro. Possiamo aggiungere, senza tema di smentita, che se le città sono sporche e il traffico è in tilt, così era già senza la pandemia, quindi l’inefficienza va cercata altrove.

Per l’intenzione del professor Ichino, invece, si è capito benissimo che l’obiettivo è ravanare «perché nel privato i lavoratori sospesi si sono visti ridurre la retribuzione, nel settore pubblico no», come se l’equità tra i lavoratori fosse sempre da raggiungersi al ribasso. Giova ricordare gli impegni assunti dal governo per fare in modo che «nessuno resti indietro», compresi quegli imprenditori che, al sano rischio d’impresa, preferiscono il comodo conforto dei contributi dello Stato.

Non so se l’auspicio al ribasso del professor Ichino valga anche per i suoi colleghi, per il personale degli atenei, e non solo per i netturbini e i cìvich. Per andare al sodo, lo sappiamo tutti che i fagnani trovano sempre la maniera di sfangarla, sia che bollino il cartellino per lavorare «in presenza» sia che stiano a casa a guardar la posta dell’ufficio mentre fan la salsa. Aggiungiamo che il lavoro agile, come chiarito dal professor Ichino, consente di ridurre i costi fissi per la pubblica amministrazione (mezzi informatici, connessioni posti a carico del dipendente che, inoltre, non usufruisce del buono mensa, di eventuali indennità aggiuntive, straordinario, riduzione di costi relativi a riscaldamento/raffrescamento, pulizie, eccetera), mentre è andato sempre più configurandosi come vero e proprio «lavoro a distanza» visto che il personale è chiamato a svolgere la stessa prestazione, con lo stesso orario – nell’ambito però di una fascia di reperibilità più ampia – dal proprio domicilio anziché dall’ufficio.

Di fatto un alleggerimento del costo del lavoro e dello stipendio, senza colpo ferire. L’ha capito la ministra per la Pubblica Amministrazione! Come fa a non capirlo il professor Ichino?

Tags: ichino

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