…Ma tanto avanti, perchè con 150mila contagi al giorno finisce che andiamo un’altra volta dal culo. Sessanta milioni di cristiani diviso 150mila fa quattrocento. Quattrocento giorni, un anno e un po’, ma contando coloro che se lo sono già buscato, entro una dozzina di mesi il Coronavirus ce lo facciamo tutti. Se potessimo togliere dal totale i fortunati che a oggi hanno avuto del vaccino i tre giri, gli sfigati che hanno contratto il virus all’inizio, i bambini che per ora pochi mettono in fila di fronte alla siringa e i no-vax duri e puri che non ne vorranno mai sapere, saremmo fuori dalla sghinga tra undici mesi, per Natale 2022. E suma a post: libertà, viaggi, vacanze, ristoranti, balere, giochi, ricchi premi e cotillons, sempre che ci si ammali per benino anche il sabato, la domenica e le feste comandate. Tabella tempi/mansioni: se abbiamo tanta, ma tanta fortuna e siamo tanto, ma tanto bravi, a metà febbraio mandiamo qualcuno a raccogliere le mimose, a marzo festeggiamo San Giüsèp e Milano-SanRemo, ad aprile facciamo Pasqua e, soprattutto, Pasquetta, a maggio proviamo a organizzare una gita sul lago di Candia e a giugno un esame di maturità decente per i nostri ragazzi che, giustamente, non ne possono più. Subito dopo, ci sarebbe da andare al mare due o tre settimane, poi celebrare mascherinati Fera d’la cuntenta e San Vincenzo in Settimo, recitando con devozione qualche Avepatergloria che non si sa mai. Poco altro, putei: per la Fera dij Coj, sempre che si riesca a salvarla, prepariamo un giretto ai Mezzi Po o al Fornacino. Altrove, in Francia, Germania, Olanda e Spagna stan peggio di noi, Brasile neanche parlarne, Gran Bretagna e Israele hanno chiuso porti, aeroporti, stazioni, baracche e burattini. Restano Libia, Egitto, Siria e Turchia, dove le agenzie di viaggio propongono viaggi a prezzi scontati. Di qua non ci vogliono, di là ci rimbalzano, sopra respingono e sotto menano. Davanti e didietro lasuma stè.
Staremo in città, cume as fasìa ‘na volta. Poteva andare peggio.