A leggere un vecchio pezzo del buon Luttazzi, l’informazione all’italiana funziona così: giorno uno, la notizia; giorno due, la polemica; giorno tre, i commenti sulla polemica; giorno quattro: parlare d’altro. Difficile dargli torto, soprattutto sulla vicenda Mentana-Conte su cui, invece, è utile soffermarsi ancora.
Partiamo dall’inizio, il direttore del Tg La 7, Enrico Mentana, commentando l’attacco del premier a Salvini e Meloni durante la conferenza stampa da Palazzo Chigi, aveva dichiarato “Se l’avessimo saputo, non avremmo mandato in onda quella parte della conferenza stampa”. Non solo, qualche giorno dopo, in seguito alle polemiche suscitate e alla risposta piccata di Palazzo Chigi, aveva confermato la sua posizione, nonché l’ammonimento a Conte “Il Presidente del Consiglio poteva, con un post, con un comunicato, con una intervista, ristabilire con forza la verità”, ricordandoci le sue “eroiche imprese di resistenza” per difendere la libertà quando arrivavano le video cassette da Arcore.
Ora, escludendo si sia trattato di una gaffe o di un errore, vista la difesa ad oltranza, sarebbe interessante capire le ragioni del nostro giornalista “con la schiena dritta”. Perché tutta questa verve proprio non la ricordavamo nei 12 anni di onorato servizio a Mediaset, quando il suo editore era anche il premier. Anzi. Dalla discesa in campo del Cavaliere nel 1992, fino al 2004, passando dalla direzione del Tg5 a Matrix. “Chicco” era l’unico di sinistra (più che altro un’ottimista con in mano il garofano rosso), insieme a Costanzo, nella tana forzista, ad alimentare la falsa credenza dell’editore liberale. In realtà, Mentana stava al governo Berlusconi come Van Basten al Milan di Sacchi. Mentre sulle fasce laterali Liguori e Fede, rispettivamente Studio Aperto e TG4, si facevano in quattro per non far mancare i palloni, in mezzo all’area di rigore il Tg5 finalizzava con il top player Mentana che si muoveva in scioltezza, sempre attento a non finire in fuori gioco. Tra le tante, ancora si ricorda l’assist a Dell’Utri (sempre riconoscente) quando anticipò col suo Tg l’ordine di custodia cautelare nei suoi confronti. Anche Previti ebbe parole d’elogio. Per non parlare del suo sostegno alla nascente Mani Pulite, durato lo spazio di un attimo. Non aveva bisogno di essere censurato. Mentre Biagi, Santoro e Luttazzi venivano cacciati dalla TV dietro l’editto bulgaro, Mentana restava saldo nel suo ruolo di “centravanti”, tatticamente sapeva stare in campo e distinguere le notizie vere da quelle scomode.
Ormai da un po’ di anni gioca a La 7, sempre da direttore s’intende ma ha cambiato posizione, subito dietro le punte, si vede meglio il gioco e si può scegliere quando dare profondità all’azione, così come ha fatto con Conte. È verosimile pensare che se il premier fosse stato Berlusconi (o altro uomo di partito), Mentana non si sarebbe mai lasciato andare ad un simile affondo, peraltro reiterato, scomodando addirittura il Venezuela di Chavez. Né può corrispondere a verità il proposito di un’eventuale non messa in onda. In tempi come questi la diretta istituzionale, in termini di share, equivale quasi alla nazionale ai quarti di finale, non trasmetterla, avendone la possibilità, sarebbe stato un suicidio giornalistico.
Il nostro non è uno sprovveduto, come mai tanta sfrontatezza? Forse Mentana conosce già i particolari che a noi sfuggono di un possibile dopo Conte senza Conte. Del resto, il premier non ha troppi “santi in paradiso”, magari agli occhi del direttore è un giocatore già sul viale del tramonto, come vorrebbe certa politica e certa stampa. E così Chicco si è già proiettato oltre, finanche a fargli notare quello che avrebbe dovuto fare.
Dio non voglia che il premier venuto dal nulla porti a casa la partita europea, quella partita che negli ultimi decenni nessuno è mai riuscito a vincere. Sarebbe il colmo per Conte, passare alla storia, annichilendo i presunti leader Salvini, Meloni, e compagnie di giro.
Di certo, quella sera la diretta di Mentana non voglio perderla. Potrebbe scapparci l’autogol in rovesciata, ovviamente con tanto di esultanza sotto la curva.