Nacque il 23 novembre di cent’anni fa a Torino, in piazza Cavour, da una famiglia biellese originaria di Graglia. Dopo il matrimonio con la cantante, contorsionista e acrobata Fatima Robin’s ovvero Fatima Anna Ben Embarek, islamica convertitasi al cattolicesimo, andò a vivere al numero civico 26 bis di via Eusebio Bava. Morì il 3 febbraio 1960 in un incidente stradale, a Roma, nel quartiere Parioli, vittima della sua passione per le automobili veloci. Alle ore 6,20 del mattino, la vettura di cui era alla guida (una Ford Thunderbind nuovissima, di colore rosa shocking, dal costo astronomico) si schiantò contro un camion carico di porfido. Ma forse a tradirlo fu soprattutto il personaggio nel quale amava identificarsi.
A distanza di un secolo dalla nascita e di oltre un sessantennio dalla morte, Torino non ha dimenticato Fred Buscaglione (Ferdinando per l’anagrafe), il mito canoro degli anni Cinquanta, uno dei pochi cantanti che riuscì ad affermarsi al di fuori del festival di Sanremo e dei suoi circuiti. Né lo ha scordato Biella: nel chiostro di San Sebastiano, dal 23 al 28 novembre, era esposta un’originale mostra dal titolo: «1921-2021, buon compleanno Fred».
Ha scritto Marcella Filippa, direttore scientifico della Fondazione Vera Nocentini di Torino: «Mentre le star italiane degli anni Cinquanta si presentano al pubblico con il viso pulito, tutte gorgheggi, con voci celestiali, melodiose e rassicuranti, Fred Buscaglione canta con voce roca per le troppe sigarette e il troppo bere, una voce che evoca “atmosfere peccaminose”». E ancora: «Nella Torino del dopoguerra, Buscaglione appare in tutta la sua diversità, e non solo musicalmente, ma anche nel tentativo di costruire una immagine di sé legata al mito americano, di un uomo che vive alla giornata e non aspira a un lavoro sicuro e sempre uguale, di un uomo che vive sul filo del rasoio, tra trasgressione e norma, tra rottura e forti continuità col passato».
Iscrittosi al Conservatorio «Giuseppe Verdi» di Torino senza completare gli studi, Fred Buscaglione iniziò la propria carriera esibendosi nei locali più conosciuti dell’ex capitale sabauda (la sala danze Serenella in Borgo San Paolo, l’Augusteo di via Cesare Battisti, il Fortino di via Francesco Cigna e altri). Col paroliere Leo Chiosso, inventò il personaggio paradossale del «duro» americano, facile alle cotte, destinato a soccombere davanti a «un cumulo di curve come al mondo non ce n’è». Le sue canzoni amare, quasi sprezzanti, popolate di uomini senza scrupoli, di banditi e di donne, crearono un genere musicale innovativo.
Il rapporto di Fred Buscaglione con la sua città, la Torino uscita dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale e dal turbine della guerra civile, fu sempre molto intenso, nonostante il successo e le tournées in Italia e all’estero. Però il suo personaggio si anteponeva allo stereotipo dell’operaio piemontese, caparbio e coscienzioso, il cosiddetto «barachin» della grande industria, risparmiatore e previdente. Porfirio Villarosa, il protagonista di una sua celebre canzone, faceva il manovale alla Viscosa di Venaria: ma un giorno lasciò la fabbrica per diventare un play boy alla moda.
Con i primi guadagni, Buscaglione acquistò l’alloggio di via Bava 26 bis, nel Borgo Vanchiglia. «Un borgo – come rileva Filippa – che non a caso rappresenta simbolicamente lo stile di vita da lui proposto. Un borgo ai confini tra norma e trasgressione, un borgo in cui si elaborano forme gergali spesso vicine alla piccola malavita. Un borgo popolare caratterizzato da piccoli laboratori artigiani e da lavori spesso marginali che integrano i magri bilanci familiari, ma con una forte identità e immagine di sé, costruttori della propria storia e artefici del proprio mestiere, contro un lavoro sempre uguale, che sta diventando massificato e annulla ogni individualità, il lavori nella grande fabbrica».
Le esequie di Buscaglione si tennero nella chiesa di Santa Giulia, a Torino. L’ampio piazzale era gremito da migliaia di persone. Scrisse il cronista del quotidiano «La Stampa»: «Non fu facile estrarre il feretro dal carro, portarlo nel tempio, aprire una breccia per i familiari e gli amici. Le porte della chiesa furono sbarrate in fretta, per impedire alla folla di strariparvi». Ai funerali parteciparono Johnny Dorelli, il duo Fasano, Renato Carosone, Gino Latilla, Wanda Osiris e tante altre personalità dello spettacolo.
A distanza di decenni, il personaggio di Fred Buscaglione, «Freddy dal whisky facile,[…] criticabile, ma […] fatto così», possiede ancora una sua freschezza ed è periodicamente riproposto da imitatori ed emuli. Alla notizia dell’incidente mortale osservò il giornalista e scrittore Orio Vergani: «Povero Buscaglione: non supponeva certamente che il destino lo aspettasse ad un crocicchio, dopo una notte bianca probabilmente noiosa e squallida, per schiacciarlo come si schiaccia una mosca».
Era il tempo della «dolce vita» di Federico Fellini. La morte di Fred Buscaglione sarà poi paragonata a quella di James Dean, un altro «mito» giovanile che fece epoca.