Tra i personaggi che entrano di diritto nelle pagine di storia ci sono gli eroi e i rivoluzionari. I primi sono quasi perfetti, ma spesso ci vengono dipinti così da una società conservatrice, che li usa come “modelli” educativi e morali. I secondi invece sono pieni zeppi di difetti e questi vengono amplificati dalla stessa società perbenista che rivendica per sé il diritto di fabbricare modelli ed eroi.
Perché il rivoluzionario è “uno qualunque” che non s’accontenta di esserlo, che riesce a primeggiare ed emergere malgrado le sue imperfezioni. Offre a tutte le “persone qualunque” la speranza e l’aspirazione di ottenere un riscatto e un “posto” diverso da quello che qualcun altro gli avrebbe riservato. Diego va messo certamente tra i rivoluzionari.
E l’odio che il “salotto buono” ha sempre manifestato contro di lui, ironia della sorte, ne consacra le gesta oltre ai confini di un campo da calcio, cioè al di là delle sue stesse intenzioni.
Grazie Diego, per essere stato uno di noi, per averci ricordato che il detto “campioni dentro e fuori dal campo” spesso è uno slogan borghese coniato da chi campione non lo è né dentro nè fuori da alcunché. Grazie per averci mostrato uno degli spettacoli più belli mai visti, per aver rigettato il moralismo, per il tuo genio, per la tua fantasia, per i tuoi difetti, per aver violato le regole.
Grazie per quel gol all’Inghilterra, anzi per tutti e due, che in modi diversi ci ricorderanno sempre chi sei, al di là di ciò che diranno.
Michele Valentino