Pillola di scuola. Al 23 marzo i docenti sospesi per non aver adempiuto all’obbligo vaccinale erano circa quattromila, di cui poco più di millecinquecento alle scuole superiori.
Secondo il “Decreto Riaperture”, uscito negli ultimi giorni, tali docenti devono rientrare in servizio ma, poiché la vaccinazione continua ad essere “requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni”, essi dovranno essere impiegati in “attività di supporto alla istituzione scolastica”.
In altre parole tornano a lavorare, ma i dirigenti scolastici non possono farli entrare in classe. E niente, fa già ridere così, come se un medico dovesse lavorare senza occuparsi dei pazienti o un cuoco non potesse stare in cucina. Immagino vi starete chiedendo che cavolo può fare un professore a scuola senza andare in classe. Et voilà, messieurs dames: potranno essere impiegati “in attività di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione”. Chiaro, no? Vi state chiedendo che cosa significhi esattamente? Non vi preoccupate: ce lo stiamo chiedendo anche noi che, invece, in classe continuiamo ad andarci.
Nelle scuole superiori, tra aprile e maggio, a meno di quaranta giorni effettivi dalla fine dell’anno, mediamente, i docenti inseguono gli alunni spesso assenti per interrogarli, fanno verifiche su verifiche per avere i voti necessari, tra un attacco di ulcera e l’altro, provano a far recuperare i casi insufficienti più disperati, parlano con genitori che, dopo mesi di latitanza, vengono a protestare perché hanno finalmente realizzato che i propri figli rischiano la bocciatura e, se malauguratamente hanno delle classi terminali da portare all’esame, trascinano avanti programmi che i ragazzi, tesi e preoccupati, non hanno più voglia di ascoltare.
Programmare, progettare? Ma che cosa, ad aprile? Forse, le ferie estive! Aggiornamento, formazione…: gli istituti hanno già piani predisposti in questo senso fin da settembre! Ricerca, valutazione…: boh?! Naturalmente qualcuno in classe, al loro posto, ci deve pure andare, giusto per fare qualche ora di lezione, così, tanto per gradire, ed il risultato è che lo Stato, con i nostri soldi, paga due docenti al posto di uno, con una spesa stimata, tra aprile e giugno, di quasi 29 milioni di euro. Ma non vi preoccupate: i soldi verranno prelevati dai fondi destinati alle stesse scuole per la valorizzazione del personale docente, soldi peraltro già impegnati per attività e contrattate dalle rappresentanze sindacali. Per concludere, un esempio: il professor Rossi si è vaccinato tre volte, è sempre andato a scuola a fare lezione con la sua brava mascherina, si è fatto tutte le quarantene del mondo grazie ai ragazzi positivi, ha seguito fin da settembre un progetto, che so io, di educazione alla salute per tutte le classi dell’istituto, promuovendo incontri on-line tra mille autorizzazioni e, alla fine dell’anno, si troverà la ricompensa economica accessoria decurtata per permettere al professor Verdi, no-vax della prima ora, di rientrare a scuola a svolgere trentasei ore settimanali di “attività didattiche non a contatto con gli alunni”, proprio mentre lui ha faticato come un asino per chiudere l’anno scolastico. Secondo me il professor Rossi, stavolta, un po’ s’incazza. Poi, certo, nessuno gli darà retta, perché, come diceva Camus, “l’assurdo nasce dal confronto tra le domande dell’uomo e l’irragionevole silenzio del mondo”, quello che, da sempre, avvolge il mondo della scuola.