Sarà il cognome che si porta e che giù un titolo di suo: “Speranza“. Com’è già quel proverbio…?. Chi vive sperando… Eccetera eccetera eccetera? Insomma, ci risiamo, con la politica di “un passo avanti e uno indietro” solo che questa volta, oltre ai ristoratori e agli albergatori, lo schiaffo è stato tirato diritto in faccia ai gestori degli impianti sciistici che ancora “speravano” (poveretti loro e ci scusino per il gioco di parole) di poter salvare un pezzettino di stagione. Sono a pezzi. Sono morti. Sono arrivati al capolinea. Stufi di giocare a mosca e cieca. Stufi di un governo che decide di non decidere e quando lo fa è sempre all’ultimo momento.
Insomma, non se ne viene a capo e se il buongiorno si vede dal mattino (e da questo primo provvedimento), il governo Draghi assomiglia molto al precedente. La logica sembra chiara. Si riaprirà solo quando non ci sarà più clientela. Che senso avrà riaprire questo proprio non lo si capisce. E non si capisce neanche la logica, che fino a qualche mese fa era chiara, sui posti letto occupati nelle terapie intensive. Oggi che le terapie intensive sono praticamente vuote, si chiude lo stesso, con la premessa che se si riapre potrebbero riempirsi. Sapete che c’é: ma vaffanculo. Un vaffa grande come una casa, anche da parte di chi non scia ma che s’è stufato e non da mo’ di questo modo di far politica. E delle due l’una: o si chiude tutto e tutti si sta a casa, o si apre tutto e la si smette di dare calci negli stinchi a chi vive del proprio lavoro.
Altro Stop sci, ira Regioni. Lega, basta metodo Conte
L’inizio della stagione sciistica slitta ancora, stavolta al 5 marzo, provocando l’ira delle Regioni, degli operatori del settore e della Lega. L’ennesimo stop al turismo invernale, a poche ore dalla programmata riattivazione degli impianti, rischia di diventare la prima grana del governo Draghi. E all’orizzonte delle future misure anti-Covid, su cui pesa l’incognita delle varianti del virus, emerge anche il parere del consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi, per il quale è “urgente cambiare subito la strategia di contrasto al SarsCov2: è necessario un lockdown totale in tutta Italia immediato, che preveda anche la chiusura delle scuole facendo salve le attività essenziali, ma di durata limitata. Ne parlerò col ministro Speranza questa settimana“, annuncia.
Parole che, assieme all’ordinanza firmata in serata dal ministro della Salute che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo (data di scadenza dell’ultimo Dpcm), scatenano la reazione del Carroccio, deciso a chiedere “un cambio di squadra a livello tecnico, aldilà di Speranza”, al dicastero della Salute.
“Non si può – dicono i capigruppo leghisti, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari – continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi-Arcuri-Speranza. Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati”.
Ad insorgere sono anche i gestori degli impianti, insieme ai maestri di sci e a tutti gli operatori della montagna, che parlano di “stagione ormai saltata nonostante quanto investito per l’apertura” e chiedono ristori.
La scintilla dello scontro è scattata dopo una giornata di appelli alla prudenza arrivati innanzitutto dal Comitato tecnico scientifico che ha risposto alla richiesta di Speranza di “rivalutare la sussistenza dei presupposti per la riapertura” dello sci. Nel fornire il suo parere – e “rimandando al decisore politico la valutazione relativa all’adozione di eventuali misure più rigorose” – il Cts aveva spiegato che alla luce delle “mutate condizioni epidemiologiche” dovute “alla diffusa circolazione delle varianti virali” del virus, “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni” per la riapertura.
Una linea condivisa dallo stesso Ricciardi, a cui poi ha replicato il segretario della Lega: “Prima di terrorizzare gli italiani, fai il favore di parlarne con il presidente del Consiglio”, ha detto Salvini rivolgendosi al consulente del ministero della Salute. La cui linea, però, viene recepita in serata dall’ordinanza Speranza. La chiusura degli impianti non è quello che Lega e Governatori si aspettavano, ma il colpo viene incassato con l’assicurazione che la montagna verrà risarcita: il provvedimento, infatti, impegna “a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori“.
Gli stessi ministri leghisti Giorgetti e Garavaglia sono intervenuti per ribadire il concetto e alzare la posta: “non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più”, hanno sottolineato. “Allibiti” i governatori, in particolare per il metodo e la tempistica dell’annuncio di chiusura. Il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha espresso “stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza per domani”.
E il valdostano, Erik Lavevaz, aggiunge: “una chiusura comunicata alle 19 della vigilia dell’apertura, prevista da settimane, dopo mesi di lavoro su protocolli, assunzioni, preparazione delle società, è sinceramente inconcepibile”. Per il governatore lombardo, Attilio Fontana, “è un colpo gravissimo al settore” e per il friulano Massimiliano Fedriga “l’indecisione del Cts penalizza imprese e lavoratori”.
Anche per il veneto Zaia “la decisione arriva troppo tardi”. Il presidente della Liguria – dove alcuni ristoranti sono rimasti aperti in occasione di San Valentino nonostante l’entrata in vigore dell’ordinanza sulla fascia arancione – ha aggiunto: “La gente non può scoprire domenica sera che cosa potrà fare lunedì mattina, non è possibile che tutte le volte che l’Italia prende una decisione la revoca a 24 ore di distanza”.
Stessi toni dal Coordinatore della Commissione Turismo della Conferenza delle Regioni, Daniele D’Amario, che ha commentato: “è una mazzata”. Ora, con l’ultimo dpcm in scadenza proprio il 5 marzo, la partita si giocherà proprio sulla linea da adottare in merito alle nuove misure anti-Covid, forse anche prima di quella data. Da un lato c’è la linea del consulente alla Salute, Walter Ricciardi, per il quale è “necessario adottare una drastica strategia no-Covid come hanno fatto i Paesi dell’Asia o Germania e Stati Uniti”, attuando “un lockdown totale immediato ma di durata limitata”, magari aspettando di poter imprimere la giusta spinta alla campagna vaccinale. Dall’altro chi annuncia un cambio di passo in direzione opposta, a partire da una nuova squadra invocata da una parte consistente della stessa maggioranza di Governo.
“Ci sentiamo presi in giro, milioni di euro buttati”
Considerano la stagione invernale ormai finita e, a fronte del nuovo stop alla riapertura degli impianti sciistici, chiedono ristori immediati. Altrimenti “tutto il comparto andrà in fallimento”.
E’ un grido di dolore quello che arriva dagli addetti ai lavori, dopo il divieto last-minute per le piste arrivato a causa dell’allarme varianti. “Ci sentiamo presi in giro di fronte a tutto quello che abbiamo speso per l’apertura di domani, in vista della quale abbiamo assunto altro personale”, dice l’Anef, che rappresenta tutti gli esercenti delle funivie. L’associazione snocciola l’elenco degli inizi mancati. “Dopo il 3 dicembre, il 7 gennaio, il 18 gennaio e il 15 febbraio, adesso la proroga al 5 marzo. Ormai la stagione è saltata. Siamo il settore più penalizzato: da 12 mesi senza un euro di incasso ma con spese e stipendi da pagare – l’accusa -. La cassa integrazione è arrivata a dicembre, da luglio lavoravamo per preparare l’inverno”.
Il no all’apertura degli impianti, ovviamente, non trova d’accordo nemmeno i Comuni montani, insieme a tutti gli operatori economici. “Abbiamo buttato al vento milioni di euro in quest’ultima settimana. Uno spreco. Ora contiamo i danni – tuona Marco Bussone, presidente dell’Uncem -. Per il personale serve immediatamente un’indennità, la cassa integrazione. Il Governo Draghi si attivi immediatamente”.
Cirio, allibito
“Sono allibito da questa decisione”. Così il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, commenta l’ordinanza ministeriale che blocca la riapertura degli impianti di sci. “Soltanto dieci giorni fa – aggiunge – il Comitato tecnico scientifico nazionale aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare. Su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Regole che non possono cambiare tutte le settimane”. “I dati aggiornati sulla situazione epidemiologica – aggiunge Cirio – sono in possesso del Cts e del Governo da mercoledì. Mi chiedo se non fosse il caso di fare queste valutazioni prima, invece di aspettare la domenica sera. È una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli”. “Ciò che contesto – afferma il presidente della Regione Piemonte – non è il merito, ma il metodo. Per Fabrizio Ricca, assessore regionale allo sport, lo stop è “assurdo e vergognoso”. “Se le realtà imprenditoriali dello sci – annuncia – decideranno di ricorrere a vie legali contro questa decisione piovuta dal cielo senza alcun preavviso, e senza tenere in considerazione il lavoro della gente, come Regione saremo al loro fianco”.
Sci: Confturismo: un messaggio negativo per il Paese
“Con quest’ultimo colpo si completa un anno intero di blocco per il turismo, sostanzialmente senza soluzione di continuità. Bloccare l’apertura degli impianti sciistici la sera prima dell’annunciata apertura è un messaggio negativo per il Paese. Ora si volti pagina rimettendo subito il turismo al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ma ancora più urgente è completare in tempi rapidissimi il passaggio delle consegne dal Mibact al nuovo Mistero del Turismo per non fermare le assegnazioni di aiuti alle imprese del settore fissate per legge che già sono in ritardo di mesi”. Così commenta il presidente di Confturismo Confcommercio Luca Patanè la decisione di fermare l’avvio delle attività sciistiche amatoriali fino al 5 marzo.
Ascom: ‘Nuovo governo, vecchie e brutte abitudini
“Nuovo governo, vecchie e brutte abitudini”: Maria Luisa Coppa, presidente dei commercianti di Torino, commenta così lo stop allo sci. “Hanno chiesto agli operatori di prepararsi per riaprire e, 12 ore prima, cambiano idea? Si vede che gli esperti del CTS e del Ministero non pagano di tasca loro questa continua indecisione”, aggiunge su Facebook.
Coldiretti: il divieto a sci delude 3,5 mln italiani
Il divieto alla riapertura degli impianti sciistici delude 3,5 mln di italiani che ritengono prioritario far ripartire la stagione sulla neve, anche solo per le poche settimane rimanenti prima dell’arrivo della primavera. E’ quanto emerge da un’indagine Coldiretti-Ixe’ diffusa in riferimento al rinvio della riapertura allo sci in zone gialle deciso dal Ministro della Salute Roberto Speranza dopo il nuovo pronunciamento del Comitato tecnico scientifico. Si tratta, sottolinea Coldiretti, di una decisione che arriva per l’avanzare dei contagi che ha costretto all’entrata in zona arancione insieme ad Abruzzo (con Chieti e Pescara zone rosse), di Liguria, Toscana e la provincia di Trento mentre quella di Bolzano è autonomamente in lockdown. Una decisione destinata, rileva Coldiretti, ad “avere effetti non solo sulle piste ma anche sull’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe, che dallo stop al turismo sulla neve hanno subito un calo di fatturato fino al 90%”. Proprio dal turismo invernale, afferma l’organizzazione, “dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento. Con le presenze praticamente azzerate nel momento più importante della stagione, si guardava con speranza all’ultimo scorcio seppur con il pesante limite allo spostamento tra regioni ma le aspettative sono andate all’ultimo momento deluse”. L’economia che ruota intorno al turismo invernale, conclude Coldiretti, ha un valore stimato prima dell’emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno tra diretto, indotto e filiera.