TORINO. Il Ciampa, che ci azzecca quasi sempre, meglio dei sondaggisti più smaliziati, ha parlato di «remuntada». Il vantaggio al primo turno di Stefano Lo Russo, ora sindaco di Torino, è sembrato paragonabile alla rimonta in ambito sportivo, quando si capovolge un pronostico sfavorevole scalando la classifica. Di lì in poi, cioè al secondo turno, la coalizione a trazione pidina ha potuto contare sulla scarsa propensione degli elettori del centrodestra a tornare alle urne. Ha potuto contare pure su quella parte di elettorato ancora disaffezionato ma non vendicativo come lo fu nel 2016, quando andò a votare proprio per punire il piddì e il centrosinistra favorendo la pentastellata Appendino. Più azzeccato dire che la coalizione di Lo Russo stavolta l’ha sfangata, riuscendo a cavarsela, ma il disamore dei torinesi per la politica è plasticamente rappresentato dalla diserzione delle urne.
Beh, mal comune mezzo gaudio, visto che, come evidenziano gli studiosi «l’astensione è una tendenza constante con cui dobbiamo fare i conti».
Beh, mal comune mezzo gaudio, visto che, come evidenziano gli studiosi «l’astensione è una tendenza constante con cui dobbiamo fare i conti». Se si guarda la partecipazione elettorale nei comuni di diverse regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia), alle comunali del 2016 c’era stato un calo dei votanti di quasi dieci punti percentuali rispetto alla precedente tornata elettorale, passando dal 68,8 al 59,6 per cento, così anche nei capoluoghi.
Mai male come stavolta però: a Torino i votanti al primo turno non hanno raggiunto il 50 per cento e al ballottaggio è andato ai seggi il 42 per cento dell’elettorato, vale a dire che hanno votato poco più di 292 mila torinesi su 689 mila aventi diritto. In soldoni, un torinese su quattro ha votato Lo Russo: una vittoria che lascia dell’amaro in bocca. Giunge in soccorso l’istituto Cattaneo, che per il caso Torino suggerisce questa analisi: «il vantaggio del candidato di centrosinistra sembra determinato dal fatto di essere riuscito a limitare le perdite verso l’astensione e dall’aver recuperato qualcosa dal bacino elettorale del Movimento 5 Stelle». Al contrario, gli elettori del centrodestra sono andati ad ingrossare le file dell’astensione e Damilano non ha recuperato nulla dai pentastellati. Insomma per il candidato di centrodestra «le perdite verso l’astensione appaiono più consistenti», visto che il 4 per cento circa degli elettori leghisti si è astenuto dal voto al secondo turno, e si osservano percentuali minori, anche se non trascurabili, verso l’astensione dal bacino di Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Tutto merito della sedia? Quel «fare politica in ascolto», che è stata la cifra, il refrain della campagna elettorale di Lo Russo? Lo «Specchio dei tempi» de noantri? Non coi banchetti, per carità, fa tanto sinistra che fu!
Sarà. Il presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, all’epoca, s’era rifatto trucco e parrucco, perdendo quell’aria da salumiere della Bassa, Stefano Lo Russo invece è uno sempre vestito uguale: jeans e giacca blu, un po’ oratorio e un po’ sezione di partito, giusto per non distinguersi troppo in Barriera.
Merito invece dei tre ex sindaci che, con la loro presenza, hanno vaticinato la riedizione del «sistema-Torino»?
Lo vedremo presto.