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Finalmente riaprono le scuole! Perlomeno quelle che sembrano interessare di più…

Cioè fino alla prima media. Da lì in avanti, il limbo, nel senso che, boh!

Adriano Pasteris di Adriano Pasteris
1 Aprile 2021
in Blogger
3 min di lettura
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Finalmente riaprono le scuole! Perlomeno quelle che sembrano interessare di più…

Ritorno a scuola (archivio)

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Finalmente riaprono le scuole! Perlomeno, quelle che sembrano interessare di più, cioè fino alla prima media. Da lì in avanti, il limbo, nel senso che, boh? Notizie da parte della famiglie coinvolte non ne arrivano. Voglio dire: che cosa ne pensano i genitori dei ragazzi delle superiori? E quelli che hanno i figli universitari? Ma la partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei propri figli, mediamente parlando e con le dovute eccezioni, segue un trend oramai abbastanza standardizzato.

Chi ha i figli alle elementari, in genere, è un esperto di pedagogia: disserta con le maestre di programmi, metodologie e libri di testo con la nonchalance di chi, facendo un lavoro “serio”, si degna di dedicare qualche minuto ad argomenti che a lui sono già ben noti, ma che deve verificare siano chiari anche a coloro che devono istruire suo figlio. Per lo più tratta i Dirigenti Scolastici come John Wayne trattava i bulli nel saloon e, con il piglio di Clint Eastwood, tiene il conto delle assenze delle maestre e, perché no, anche delle bidelle, perché “gli Statali… stipendio fisso… legge 104… sappiamo come va a finire!”. All’ingresso o all’uscita dei bimbi da scuola, espone le proprie rimostranze con la passione di un tribuno della plebe sui Rostri del Foro e poi, quando arriva a casa, prima di cena, scatena l’arma più temuta: il gruppo di whatsapp! Messaggi lunghi chilometri diffondono certezze e soluzioni che, se qualcuno solo li prendesse in considerazione, tutti i problemi della Scuola Italiana sarebbero risolti.

Alle medie il fervore si placa. Giusto il tempo di capire la sezione migliore dove mandare il proprio figlio, poi, molto spesso, la vita scolastica dei ragazzi comincia a diventare un accessorio. I professori non li incontri più all’uscita (siccome lavorano poco, sono capaci di uscire da scuola a metà mattinata, quando la gente “normale” sta ancora lavorando), dunque non puoi più disquisire sui programmi e spiegare loro come si insegna (perché, parliamoci chiaro, chi non sarebbe in grado di dire la sua sui programmi delle scuole medie o di spiegare due cose ad un bambino??) e, poco per volta, l’ardore partecipativo scema. Oddio, ci sarebbero gli organi collegiali, ma quelli si riuniscono di pomeriggio (vedi due parentesi sopra…) e poi, diciamocelo chiaramente, finché si tratta dei propri figli, va bene, ma, andarsi a sbattere per i figli di tutti, anche di quelli che se ne fregano della scuola, chi te lo fa fare?

Infine le superiori. Il primo anno tenti ancora il gruppo di whatsapp che, più o meno a Natale, ti implora di chiuderlo perché sta morendo di solitudine. Oddio, professori coscritti di Matusalemme, ma ancora troppo giovani per la pensione, narrano le gesta di genitori-eroi capaci di gestire gruppi whatsapp ancora in quinta superiore, ma potrebbero confondersi. D’altronde i ragazzi sono grandi, la scuola se la sono scelta loro, quindi è anche giusto che comincino a sbrigarsela da soli. Qualche puntata dal Dirigente Scolastico a lamentarsi di qualche professore che non spiega o che mette troppe insufficienze, un po’ di rabbia perché, finalmente, realizzi che il professore che non ti piace te lo tieni comunque e poi amen, tutti pronti a fare da sponsor per l’università.

È una metafora della nostra vita: nasciamo “incendiari”, ci interessiamo alla scuola come paladini chiamati a difendere i nostri fanciulli da mostri orribili, scendiamo in piazza per i piccoli martiri della DAD, pubblichiamo sui social post che raccontano le loro esperienze didattiche a distanza con toni da libro Cuore… Poi, poco per volta, diventiamo “pompieri”: accettiamo un sistema di reclutamento dei docenti che porta i nostri figli ad avere supplenti fino a Carnevale o che fa piombare in cattedra uno che, fino a ieri, ha lavorato in ufficio e che ora, stressato dal lavoro, è disposto a guadagnare qualcosa in meno pur di avere un po’ di tempo libero in più. A quel punto, ciò che veramente conta è solo più “il pezzo di carta”, di cui non puoi fare a meno. Poi, da lì in avanti, se Dio vuole, con la Scuola non ci avrai più nulla a che fare e, quindi, sono tutti cavoli di chi viene dopo di te. Come sempre.

P.S.: dedicato con sincera stima a tutte quelle meravigliose famiglie, la stragrande maggioranza, incontrate in oltre trent’anni di lavoro, capaci di collaborare con la Scuola con serietà ed impegno, senza tanto chiasso, con in testa il chiaro, irrinunciabile, obiettivo, di veder crescere i loro figli come persone responsabili, autonome, in grado di adattarsi alle richieste della vita e di affrontarne le mille  difficoltà con forza d’animo. Vi voglio bene. Non lasciateci soli.

Tags: scuole

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