Alla fine, complice l’allentamento delle restrizioni, le «primarie» si sono tenute in presenza e on-line. Tutti i torinesi a scegliere tra i quattro in lizza quello che sarà per Torino, nelle amministrative di ottobre, il candidato della coalizione a trazione Pd. Vedremo come saranno stati gli afflussi, ma la gente non mi è sembrata così scaldata.
Le primarie sono lo strumento col quale il Pd individua i propri segretari e i candidati alla guida delle coalizioni elettorali (premier, sindaci e presidenti di regione). Nate per iniziativa di Romano Prodi che vi venne incoronato nel 2005, hanno avuto alterne fortune, tra successi e polemiche per colpi sotto la cintura (ricordiamo i brogli denunciati da Sergio Cofferati, candidato a Genova nel 2015, che poi lasciò il Pd): vengono tuttora considerate (con qualche azzardo) un buon test per verificare l’appeal dei candidati e di conseguenza del partito e delle coalizioni.
Dai 53 mila voti che proiettarono Piero Fassino verso la Sala rossa nel 2011 ci separano dieci anni e un pd che ha stentato nell’opposizione alla giunta Appendino e nella ricerca di candidati e alleanze per questo turno elettorale. In questo lungo decennio, Torino è caduta per numero di abitanti, per attività economiche e per reddito pro capite. Andiamo perciò alle ricette dei candidati alle primarie (solo uomini) rilanciate da un network locale. Un atout per tutti è l’età, tra i quaranta e i cinquant’anni. Per il resto…
Sul futuro di Torino, due su quattro hanno usato il brutto termine automotive per dire che Torino deve mettere nel proprio futuro il settore automobilistico (esiste ancora?) insieme agli eventi (Stefano Lo Russo ed Enzo Lavolta), mentre Igor Boni ci ricorda che il 26 per cento dei torinesi lavora nella manifattura. Sui trasporti tutti concordano sul completamento della linea 2 della metro: per Lo Russo l’obiettivo è che i torinesi si possano spostare in 15 minuti da tutta la città (intensificazione delle corse? aumento dei mezzi in circolazione?); per Boni andrà progettata una terza linea in direzione Venaria; Lavolta pone l’accento sulle «piste ciclabili in sicurezza».
Sui «senzatetto» tutti si sono detti consapevoli del problema che va affrontato facendosi aiutare dal terzo settore. Bah! Fanno beneficenza quelli? Allo scopo di fronteggiare la «malamovida», che tanto agita i sonni dei torinesi, Igor Boni e Francesco Tesso propongono di istituire il «sindaco della notte» per mediare fra le esigenze dei nottambuli e dei residenti, mentre Lo Russo intende «riportare al centro (storico?) la cultura di base, i concerti, le discoteche (sic!) e alleggerire i quartieri dove questo fenomeno è difficilmente compatibile coi residenti».
Invece Lavolta pensa a «una città universitaria vera (?) e spazi adatti a favorire la movida, riqualificando i momenti di aggregazione».
Per finire, sul destino delle piazze auliche e il rapporto con gli sponsor per la loro riqualificazione, Lo Russo pensa a un «progetto Centro» condiviso tra chi le vive residenti e negozianti; per Boni l’intervento del privato non è un tabù; per Tesso meglio riqualificare con la street art che con gli sponsor.
Sullo sfondo un «comitato di saggi» (Livia Turco, Mercedes Bresso, Pietro Marcenaro e altri) «a disposizione dell’unità del centrosinistra intorno al candidato che uscirà vincitore dalle primarie». Con ‘ste proposte, se si vuol vincere bisogna mettere in campo anche le vecchie glorie.